Cicli Galmozzi / Biciclette su misura / Via Melchiorre Gioia, Milano / 1938 – 1986
Fonti: intervista ad Angelo Galmozzi / Legendary Bikes / Biciclassiche
Ha lavorato con: Gloria / Gino Bartali / G.S. San Pellegrino / Lygie / Atala/ Libera / Grammon
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Nato nel 1895 a Villanterio (Pavia) Francesco Galmozzi fu uno dei migliori telaisti italiani dell’epoca Eroica. Nel corso della sua carriera ha raggiunto una dimensione industriale, con una squadra formata da più di 20 operai, per questo rappresenta una eccezione rispetto agli altri costruttori, tutti di piccole/medie dimensioni, illustrati su questo sito.
Ho scelto comunque di raccontarne la storia, insieme a quella del figlio Angelo nato a Milano nel 1938, perché la Cicli Galmozzi incarna ed esalta quei valori che hanno contraddistinto la vita degli artigiani, onestà, umiltà, creatività e attenzione all’essere umano come primo elemento per la costruzione di una bici eccellente.
Una intransigente e costante propensione alla qualità, senza cercare negli stratagemmi di marketing una via per competere la durissima, e spesso sleale, competizione che ha contraddistinto il periodo eroico della produzione di biciclette da competizione.
Nell’800 i Galmozzi erano una famiglia benestante, proprietari di ampi possedimenti destinati all’agricoltura e all’allevamento. Nei primi anni del ‘900, a causa di gravi problemi economici, la famiglia si trasferì a Milano e Francesco fu trovato un impiego quando aveva 9 anni presso il dipartimento oreficeria della fonderia Battaglia. In quegli anni ebbe modo quindi di formarsi imparando tecniche e segreti dell’arte della lavorazione dei metalli.
Da ragazzo si appassionò alla bicicletta fino a diventare corridore dilettante, dato il suo fisico esile era scattante e veloce in salita. Insieme alle corse iniziò anche il suo interesse per la parte meccanica, con alcuni amici si divertì a modificare una vecchia bici da passeggio del secolo precedente in una contemporanea bici sportiva.
Arrivò la Prima Guerra e, nonostante non fosse un amante della divisa, fu arruolato come Bersagliere e mandato al fronte. Riuscì a sopravvivere per miracolo al conflitto durante il quale fu recluso a Mauthausen e a causa di gravi ferite, gli fu tolto un polmone.
Nel 1921, tornato a casa andò a cercare lavoro da Artemisia Gerbi, sorella del corridore Giovanni Gerbi detto “il diavolo rosso”, che a quel tempo produceva e vendeva biciclette.
Fu proprio Francesco, nel 1922 a suggerire “Gloria” come nuovo marchio per l’azienda. La produzione era orientata alle biciclette da corsa e raggiunse subito un forte successo grazie alla vittoria del campionato del mondo l’anno seguente con il modello “Garibaldina“.
La sede era un capannone di legno di 90 metri quadri in via Scarlatti a Milano e si avvaleva della esperienza e il talento di Francesco che in poco tempo conferì alla Gloria caratteristiche costruttive ed estetiche innovative per l’epoca come le splendide decorazioni sui telai o la finitura galvotecnica (nichelatura con vernice trasparente), elevando la produzione telaistica dell’epoca ad opera d’arte.
Nel 1923 l’azienda rilevò una squadra corse di Parabiago diretta dal Pasquale Santino Ceriani, in cui fu inserito un giovane corridore di nome Libero Ferrario che, con una bicicletta Gloria, vinse il campionato del mondo dilettanti diventando il primo campione del mondo dell’Italia ciclistica.
Liberio Ferrario, Parabiago 1901 – 1930
Nel 1926 Francesco lasciò la A.M.F. Gloria, per dissidi personali con Alfredo Focesi, proprietario dell’azienda insieme alla Gerbi.
Grazie al tedesco imparato durante la prigionia a Mauthausen lavora per la Pirelli ad una fondamentale operazione commerciale con la Bata, lavoro che verrà premiato con un orologiio d’oro da parte dell’azienda. Nel 1928 entra come socio alla Fratelli Magri, azienda che in seguito acquisì e di cui rimase proprietario fino al 1938 quando fondò quella fucina di telai meravigliosi e desiderati in tutto il mondo, la sua Galmozzi.
In quegli Galmozzi suggerì ad Angelo Luigi Colombo (della Columbus) l’idea di recuperare le centinai di cisterne usate durante la prima guerra mondiale per riutilizzarle nella produzione di tubazioni per telai da bicicletta. La qualità delle biciclette realizzate da Galmozzi-Magri venne elogiata dalla rivista Cycling alla fiera “The Lightweight Show “(November 16th.-22nd. Royal Horticultural Hall, Westminster, London) del 1933, durante le quale una bicicletta Galmozzi-Magri venne esposta nello stand della Tabucchi Tyre Co. Ltd, attirando l’ammirazione del pubblico.
Testo estratto dalla rivista “Cycling” del 17 novembre 1933.
Si ringrazia Tony Colegrave per il prezioso contributo.
“How well the Italians can make bicycles is obvious on the Tabucchi stand, where some fine examples of the workmanship of Messrs. Fratelli Magri and Galmozzi are shown.”
Dettaglio dell’articolo apparso sulla rivista Cycling’ 17 Novembre 1933
Thanks to Tony Colegrave
Catalogo Tabucchi Tyre Co. Ltd, anni ’30
Vengono citate la fiera del 1934 e la fornitura dei telai, da parte della Galmozzi-Magri per la nazionale Olimpica italiana e altre squadre internazionali.
Galmozzi scelse come nuovo distributore, al posto della Doniselli, la Lazzaretti di Roma,
Nella seconda metà degli anni ’30, per poter vendere in Inghilterra senza incorrere nelle sanzioni fasciste, fu aperta una sede a Chiasso. In quegli anni l’azienda vendeva circa 3.000 telai all’anno e la squadra era composta da 17 operai.
Alla morte di uno dei due fratelli Magri la società venne divisa e Francesco Galmozzi acquisì la parte italiana.
Francesco non era uomo asservito al fascismo, durante il discorso di entrata in guerra di Mussolini fu colto a ridere e denigrare il dittatore, questo comportamento imbelle gli procurò molti problemi e fu perseguitato dai fascisti.
Alla fine della guerra l’officina era stata distrutta dai bombardamenti, Francesco invecchiato, affaticato dalle cicatrici fisiche della prima guerra mondiale e con il patrimonio accumulato negli anni ’30 ormai disperso, ricominciò da zero rilevando un fondo per farci la nuova officina.
Dopo anni di sacrifici la produzione, completamente artigianale e in sede, raggiunse di nuovo numeri elevati grazie anche alle commissioni come terzisti per altri marchi. Ogni telaio era rigorosamente progettato sulle caratteristiche fisiche del ciclista in coerenza con le esigenze di impiego agonistico. I clienti erano sia corridori amatori e professionisti e produttori inglesi e del Nord Italia, i quali applicavano la propria livrea al telaio, tra i quali Chiappini, Gamba, Mosé, e alcune Guerciotti e molti altri.
Uno dei modelli più famosi di Galmozzi fu la Specialissima, peso 10kg con ruota posteriore da 28 raggi, usata da Rik Van Looy nel 1961 quando vinse il campionato del mondo. Importante fu anche la collaborazione con il Gino Bartali suo grande ammiratore che nel 1957 incaricò Galmozzi di costruire tutti i telai della sua squadra San Pellegrino, andando a sostituire la mediocre fornitura in essere. Il legame fra Bartali e Galmozzi era di vecchia data, già prima della guerra, quando Gino correva per la Legnano, si faceva realizzare i telai da pista dal Galmozzi, che allora non era ancora un telaista di fama internazionale. Un paio di esempi di bici da pista realizzate da Galmozzi per conto di Bartali se ne trovano anche ne dopoguerra, sintomo che il rapporto fu duraturo nel tempo, fino ad arrivare appunto agli anni 60.
Il figlio diciottenne Angelo, che nel frattempo si era diplomato in un istituto tecnico e aveva studiato il lavoro del padre in officina, entrò in azienda nel 1959, preparando il cambio a Francesco che si ritirò dal lavoro pochi anni dopo. Sempre negli anni ’60 vennero allestite bici per note squadre professionistiche come Atala, Lygie, San Pellegrino, Libera, Grammon.
Dall’officina Galmozzi nel 1960 uscirono quattro bici “Hannibal”, progettate per i lunghi tour. La prima fu costruita per l’ingegner Giorgio Mazza, appassionato di viaggi nel mondo, montava una guarnitura a tre corone T.A. in alluminio con pignoni da 29 e 32. Nell’estate del 2009 l’ingegner Mazza ha portato a termine il suo quarantanovesimo viaggio, meta la Grecia, con la sua quarta Hannibal, una bici fedelissima anche dopo trenta anni dalla sua costruzione.
La Galmozzi per oltre 12 anni costruì i telai per il reparto corse della Atala. La produzione nazionale venne poi interrotta per ottenere una maggiore penetrazione presso i mercati esteri degli Stati Uniti, Canada e Giappone.
L’officina ha chiuso nel 1986.
Angelo Galmozzi (a sinistra) con Rory Mason
Come riconoscere una Galmozzi
Già a partire dagli anni ’40 i telai Galmozzi erano molto apprezzati e di conseguenza imitati se non proprio plagiati. Per ovviare al problema delle imitazioni nel 1949 Francesco, su consiglio di un ingegnere della Colombus, decise di fare personalizzare, i tubi dei propri telai con la scritta “Galmozzi Super Competizione”, nascosta sotto la vernice, insieme alla sagoma del “galletto”, i tubi (tubo sterzo per la scritta e piantone per il galletto) erano stampati direttamente dalla Columbus. Nei telai anni ’40 e ’50 il galletto era stampato anche su testa e tubo forcella.
Un altro espediente importante di Galmozzi, studiato e applicato su tutti i telai per poterli distinguere a colpo d’occhio dai falsi era l’allargamento a 2.72mm del diametro dei quattro fori di sfiato dei forcellini posteriori. Ulteriori elementi caratteristici dei telai Galmozzi sono le congiunzioni del tubo sterzo e della testa forcella decorate con un cerchio attraversato da una linea orizzontale, l’assenza di rinforzi nei foderi della forcella (unica eccezione i telai costruiti per la San Pellegrino), la scatola del movimento centrale alleggerita con un “sole” formato da 7 fori concentrici. Galmozzi fu il primo a variare la classica configurazione dei forcellini posteriori cambiandone la forma, da sagomata a diritta. Molto ricercate dai collezionisti sono le selle modificate e firmate da Galmozzi, veri e propri capolavori di artigianato.
La firma veniva applicata sia sulle bici vendute a terzi che su quelle firmate Galmozzi.
Prima foto di Michele Michielon
Il simbolo del galletto stampato da Columbus sul tubo piantone, a partire dal 1949.
Numero seriale stampato sul tubo piantone / Foto Dale Brown
Nodo sella anni ’40 con numero seriale.
Numero seriale stampato sul tube della forcella su una bicicletta costruita per la squadra San Pellegrino nel 1961, firmata Bartali / Foto BiciClassicheBiciClassiche
Foro di sfiato con diametro di 2.72mm, uno degli accorgimenti ideati da Galmozzi per riconoscere i propri telai dalle imitazioni.
Unica eccezione conosciuta le forcelle dei telai costruite per la squadra corse San Pellegrino.
Alleggerimenti delle congiunzioni del tubo sterzo e della testa forcella tipiche dei telai Galmozzi, un cerchio attraverso da una linea orizzontale. / Foto Dale Brown
Alleggerimento della scatola del movimento centrale con disegno a 7 fori tipico di Galmozzi. Foto Specialcorsa
Sella Brooks personalizzata e firmata da Galmozzi. / Foto Greg Softley

Galmozzi strada anni ’40 costruito per Lazzaretti.
Galmozzi strada anni ’40 costruito per Lazzaretti / Foto Stefano Cataldi
Galmozzi 1953 con marcata Cicli Mosé – Galmozzi
Galmozzi anni ’40 / Foto Rory Mason – per rivista Peloton
Galmozzi strada 1956 / Foto Frameteller
Galmozzi strada 1951 n. 450 / Foto Troppebici
Bici strada Bartali squadra corse San Pellegrino 1956, costruita da Galmozzi.
Bartali strada 1961 / Foto BiciClassiche
Galmozzi strada 1965 / Foto Michele Michielon
Galmozzi strada 1966. Conservata, allestimento componenti originale / Foto Frameteller
Galmozzi strada 1968. Telaio restaurato, componenti originali. / Foto Frameteller

Galmozzi pista / Foto Italian Factory