BALDINI

Cicli Baldini / Faenza


Fonti: Intervista ad Nino Baldini, archivi online


Ha collaborato con: Antonio Alpi

Nei primissimi anni '50 Nino Baldini, cugino del leggendario campione Ercole Baldini, aprì a Faenza un negozio di biciclette. Oltre alla rivendita di marchi blasonati del Nord Italia il negozio offriva ad amatori e corridori professionisti biciclette da corsa di alta gamma. Baldini fu un ottimo imprenditore per la costruzione dei telai si affidò all'enorme talento di Antonio Alpi.

In quegli anni in Emilia-Romagna non mancavano di certo costruttori di altissimo livello come ad esempio Antonio Alpi e Vito Ortelli a Faenza, i Guerra di Lugo o Marastoni e Patelli in Emilia. La collaborazione fu instaurata con Alpi che costruì per Baldini telai dai primi anni ’50 fino alla sua prematura scomparsa nel 1959.
Baldini fornì biciclette da corsa a diverse squadre della zona e per qualche anno mise in piedi anche il proprio gruppo sportivo. Nel 1954 fu Nino a fornire la bicicletta al cugino Ercole per la conquista del record del mondo dell’ora dilettanti, dalla fattura dei dettagli potrebbe essere una Alpi anche se il seriale “89 80”, una coppia di due cifre divise da uno spazio  è diverso dalle altre (Baldini seguiva in genera una numerazione progressiva semplice), l’ipotesi si avvalora anche dal fatto che è stato rinvenuto un altro telaio Baldini sicuramente costruito da Alpi che riporta lo stesso tipo seriale “11 80”.
Alla fine degli anni ’50 il negozio sostituì la vendita cicli con altri prodotti, probabilmente anche a causa della scomparsa di Alpi.

1954, Ercole Baldini conquista il Record dell’Ora dillettanti con una bici Baldini.

Dettagli della bicicletta Baldini con cui Ercole conquistò il Record dell’Ora dilettanti nel 1954.

Baldini numero “11 80”, costruita da Alpi. Il tipo di numerazione seriale, differisce dalle altre (numerazione progressiva) ed è identico a quello che appare sulla bicicletta da pista con cui Ercole Baldini conquistò il Record dell’Ora dilettanti nel 1954. Cambio Campagnolo a due leve, probabilmente fini anni ’40, primi 50. Foto Legendary Bikes

Baldini numero “1”, costruita da Alpi con congiunzioni Cinelli fornitegli da Ortelli.

Baldini numero “096” del 1951, restaurata. Telaio Alpi con forcellini posteriori per il cambio Campagnolo Parigi Roubaix. Probabilmente una delle bici realizzate per una squadra o un corridore professionista della Regione. Foto Frameteller.

Baldini numero “192” del 1952, restaurata. Telaio Alpi con forcellini posteriori Campagnolo con vite da 4 mm. Gruppo cambio Campagnolo Gran Sport del 1952. Probabilmente una delle bici realizzate per una squadra o un corridore professionista della Regione. Foto Frameteller.

Baldini numero “287” primi anni ’50 costruita da Alpi.

Baldini numero “287” primi anni ’50 costruita da Alpi.


ALPI

Ciclomeccanica Antonio Alpi / Biciclette su misura 


Fonti: Intervista ad Armando Castiglioni, meccanico per Alpi dal 1946 al 1952 / Artigiani e Biciclette in Romagna nel ‘900, di Ivan Neri, W. Berti Editore


Ha collaborato con: Ortelli, Fratelli Cavina, Nino Baldini, Testi, Villa, Suzzi, Vicini, Servadei

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Antonio Alpi, soprannominato Tugnazì nacque nel 1896 a Faenza e scomparve prematuramente nel 1959. Fu uno dei migliori artigiani costruttori di biciclette italiani nell’epoca Eroica. Il suo talento e le sue bici furono oggetto del desiderio per i corridori dell’epoca così come per diversi importanti marchi italiani. A fianco delle bici firmate a proprio nome collaborò con altri maestri della Regione come Vicini, Servadei, Ortelli, Fratelli Cavina, Nino Baldini, Testi e Suzzi. Nonostante la sua carriera di costruttore, che durò poco meno di trent’anni, fu ostacolata prima dalla seconda guerra mondiale e poi dalla crisi del mercato delle bici che seguì per tutti gli anni ‘50,  riuscì nel produrre telai di altissimo livello ed a esprimere uno stile innovativo e originale. Molti giovani talenti hanno corso come dilettanti con le sue biciclette, tra questi Giuseppe Minardi che passò come professionista alla Legnano.

La carriera di Alpi iniziò negli anni ’20 come assistente da Ortelli a Faenza. Fu in quella officina che Antonio poté imparare il mestiere lavorando direttamente con Lazzaro Ortelli, ex fabbro e abilissimo artigiano, famoso per una eccezionale abilità manuale e precisione assoluta. Dagli anni ’20 agli anni ’40 dalla “scuola” Ortelli uscirono anche altri importanti telaisti come Aride de Fanza che costruì i telai per la Chiorda Salvarani.

Nei primi anni ‘30 Alpi aprì la propria attività a Faenza. Così come anche altri suoi colleghi a quel tempo l’attrezzatura necessaria se la costruì da solo per realizzare i primi telai firmati a proprio nome, così come quelli destinati ad altri marchi dell’Emilia e della Romagna. Già dai suoi primi telai dimostrò un importante talento insieme a creatività e precisione acquisiti dall’esperienza con Ortelli.
Nel 1943 fu assunto come capo meccanico alla Cicli Astor, azienda faentina fondata nel 1929 che, con una ventina di dipendenti, aveva raggiunto una dimensione notevole rispetto ai concorrenti del territorio.

I telai Alpi colpivano allora come oggi, per la precisione e la qualità nella costruzione del telaio, oltre che per la raffinata e originale lavorazione delle congiunzioni, e per l’abilità nella limatura. Lavorò per tutti i più importanti marchi dell’Emilia-Romagna che spesso si affidavano alle sue capacità per offrire biciclette speciali ai propri clienti. Nell’immediato dopo guerra importanti marchi del Nord Italia cercarono di assumerlo ma, a dimostrazione del suo carattere intraprendente, rifiutò sempre ogni incarico preferendo rimanere indipendente e autonomo.
Dal 1945 al 1952 fu assistito nelle fasi di saldatura in officina da Armando Castiglioni di Faenza. In quegli anni dalla sua bottega uscì uno tra i primi prototipi di supporto a rulli per l’allenamento dei ciclisti nei mesi invernali.
A cavallo tra gli anni ‘40 e ‘50 Alpi, come molti colleghi a quel tempo, riuscì a creare la propria squadra nella categoria dilettanti, reclutando le giovani promesse della zona, alcuni dei quali, come il faentino Giuseppe Minardi, si confermarono poi poi dei veri e propri campioni.

Alpi affiancava alla passione per la bici quella per le motociclette, fu però quest’ultima ad essergli fatale quando, una notte del 1959 si scontrò in moto contro un trattore che avanzava sulla strada senza luci. A causa delle conseguenze dell’incidente morì a soli 63 anni quando era all’apice della sua carriera di artigiano, lasciando una preziosa eredità di bellissimi telai, molti dei quali furono poi utilizzati e rimarcati da altri marchi della Regione, a noi rimane la curiosità di cosa avrebbe potuto fare con le innovazioni tecnologiche che seguiranno negli anni successivi.

LA TECNICA DEL DISEGNO A RILIEVO SULL’ACCIAIO
Nell’officina di Ortelli Alpi imparò anche l’originale tecnica di realizzare scritte in rilievo colando dell’acido attraverso una maschera direttamente sul tubo d’acciaio prima di essere saldato al telaio, sistema che poi continò a studiare e approfondire fino a creare, nel 1936, un telaio interamente decorato con questa tecnica.
“Alpi abbelliva i telai utilizzando delel etichette, su cui, ancora prima della costruzione del triangolo portante della bici, colava un acido che face va risaltare la scritta con il suo nome. Qualche pezzo per amici lo fece addirittura con disegni in rilievo su tutto il telaio, penso ne abbiamo fatti 3 o 4 al massimo. Un altro abbellimento che apportava ad ogni sua opera, era la scanalatura delle forcelle a mano con uno particolare attrezzo costruito che si era costruito”. – Armando Castiglioni

Telaio sportivo anni ’30

Telai Alpi costruiti per Suzzi Bologna, anni ’40

Telaio corsa anni ’40

Alpi corsa fine anni ’40 marcata Fratelli Cavina Faenza, cambio bolognese PGR

Alpi 1947 per Campagnolo Parigi Roubaix

Telaio Alpi corsa 1948 con forcellini Simplex

Alpi corsa fine anni ’50 marcata Fratelli Cavina Faenza

Alpi corsa primi anni ’50 marcata Galloni Bologna

Alpi corsa 1953, conservata – foto Frameteller

Alpi corsa 1964, marcata Ortelli, conservata – foto Frameteller

IL DESIGN DEI TELAI ALPI

Oltre al fregio Alpi rendeva unici i propri telai con diversi particolari originali, spesso come una vera e propria firma, facilmente riconoscibile e a prova di imitazioni.

IL NODO SELLA

Immediatamente riconoscibili grazie al particolare alleggerimento con 5 o 7 fori passanti con diametro a scalare.

LE CONGIUNZIONI

Le congiunzioni, spesso Nervex, dei telai Alpi sono sempre molto curate e personalizzate con un disegno originale e distintivo.

FREGIO E PUNZONATURE

Il fregio Alpi non ha subito modifiche nell’arco dei trent’anni di produzione. Sul tubo sterzo erano punzonati numero seriale – gli ultimi 2 numeri per l’anno di costruzione del telaio – e la dicitura “Cicli Alpi Faenza”.


CICOGNANI

Fonti: Camera di Commercio Forlì / Classic Randezvous

Palmarès: 1924 Gran Coppa di Paisley (Inghilterra) / 1925 Campionato Romagnolo Allievi / 1931 Campionato Emiliano Dilettanti (…)

Della Cicognani Romeo di Forlì, attiva dal 1922 al 1962, purtroppo si hanno poche notizie, dal catalogo dei primi anni ’30 dove sono evidenziati i successi agonistici già a partire dal 1924 in Inghilterra e dall’unico esemplare di bici di cui abbiamo immagini è però possibile intuire che l’azienda fosse in possesso di un un alto livello tecnico.

La bicicletta presentata in questa pagina è un modello da pista, nelle decals compare la scritta “Tipo Montherly 1933” e sul tubo sterzo è pantografato il numero di serie 1310, facendo due conti la produzione dell’officina nella prima decina d’anni di attività non superava quindi le 250 biciclette all’anno.
Il telaio è quello di una bici professionale costruito con grande cura dei dettagli, saldato con tubi in acciaio Columbus completamente cromati e serie sterzo è integrata nel telaio. Il movimento centrale è marcato Bollea Saluzzo mentre il mozzo anteriore riporta il marchio dell’officina romagnola.

In Francia a Montherly nel 1933 si corsero i Mondiali su strada  e gli unici due titoli furono assegnati al francese George Speicher tra i professionisti e lo svizzero Paul Egli nei dilettanti, sfortunatamente il catalogo in nostro possesso con l’elenco dei piazzamenti ottenuti dal marchio si ferma all’anno precedente e non possiamo sapere se uno dei due atleti corse in sella ad una bici Cicognani.

Se avete notizie di questo interessante e misterioso marchio potete scrivermi a info@frameteller.it

Catalogo Cicognani, primi anni ’30

Subiamo (Arezzo) / Gran premio Mercato Saraceno / Criterium Dilettanti Camaldolesi / Circuito della Valle del Secchio (Lucca) / Giro della Cartagena (Gallicano) / Gran Premio Coreglia antelminelli / Coppa Togneri (Barga) / Coppa Equi Fornaci di Barga / Campionato Toscano Indipendenti / Coppa Verzam / Circuito del Comune di Bagni di Lucca 1925 Circuito dei tre fiumi (Forlì) / Omnium Dilettanti (Ravenna) / Targa Cicognani / Coppa Antella (Firenze) / Coppa Landucci (Lucca) Coppa Gabriella Zucca (Firenze) / Livono-Volterra e ritorno 1927 Coppa Fratelli Mussolini S, Marino in Strada / Coppa Faticar non Fietar (Bologna) / Coppa Comune di Savignano / Coppa Bernardi-Godo (Ravenna) / Coppa Città di Rocca San Casciano 1928 Coppa Babini (Fustigano) 1930 Bologna-Pianoro e ritorno / Bologna Bagni della Porretta / Campionato Vittorie: Romagnolo Allievi / Giro del Monte Trebbio (Dovadola) / Coppa Leardo Guerra (Borgo Buggiano) / Coppa Gavioli (Parma) Coppa Cerri (Pistoia) / Criterium Tricolore (Bologna) / Circuito Giardini Margherita (Bologna) 1931 Firenze-Figlino Valdarno / XX Giro dell’Emilia e Campionato Emiliano Dilettanti / Giro del Mugello / Coppa Città di Cesenatico / Eliminatoria Regionale (Coppa Italia) / Criterium d’apertura (Rimini( / Campionato Romagnolo Allievi / Criterium Tricolore (Bologna) 1932 Coppa Ettore Panini (Forlì) Selezione Emiliana per il Gran Premio dei giovani di velocità / Giro della Provincia di Ferrara.

Cicognani pista costruita per i Mondiali di Montlhery (Francia) del 1933. Foto Jon Williams

Cicognani da donna primi anni ’50, n. 44223

Fregi Cicognani


CIMATTI

Fonti: Archivi ciclismo / il Resto del Carlino / Wikipedia

Palmarès: Maco Cimatti medaglia d’Oro su Pista alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932 / 4 tappe al Giro d’Italia / Giro dell’Emilia 1934 / Milano-Sanremo 1937, 3° classificato

Agonismo: Squadra professionisti Cimatti: Casola, fratelli Zanazzi, Cecchi, Barozzi

Marco Cimatti nasce il 13 febbraio 1913 a Bologna. La sua forza come ciclista emerge già nella categoria dilettanti e, a soli 19 anni, viene selezionato per la decima Olimpiade dove, in sella ad una bici costruita dal concittadino Amleto Villa, vince l’oro nell’inseguimento a squadre alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932.
Atleta poliedrico, valido passista, veloce e ottimo pistard, si è distinto in diverse specialità, oltre all’Oro Olimpico nella sua carriera ha vinto anche quattro tappe nei Giri d’Italia del ’37 e ’38 e un Giro dell’Emilia nel ’34. Si è ritirato dalle corse nel 1940, a soli 27 anni, a causa dell’inizio della guerra.

Nel 1937, anno in cui giunge terzo nella Milano-Sanremo, Cimatti insieme alla moglie Gemma Parini apre l’officina per la riparazione e la costruzione di biciclette in via Lame a Bologna. Dal 1948 al 1950 ha dato vita anche alla omonima squadra di professionisti, tra le sue fila alcuni validi corridori come Casola, i fratelli Zanazzi, Cecchi e Barozzi. Alla vigilia della guerra l’impresa ha già superato la dimensione artigiana ed è in grado di rispondere a incarichi anche di notevole entità. Nel 1945, riparati i danni subiti dai bombardamenti, l’azienda ritorna operativa e viene ampliata con un altro negozio in via Ugo Bassi. L’anno seguente contando già 30 operai l’officina viene trasferita in uno spazio più grande in via Casarini, dove alla produzione di biciclette viene aggiunta quella di telai per micromotori.

La Cimatti partecipò alle grandi competizioni come Giro d’Italia e Tour de France dal 1947 al 1950. Nel 1948 riuscì nell’impresa di competere con le favorite Bianchi, Legnano e Wilier, rispettivamente guidate da Coppi, Bartali e Magni. Nel Giro del 1956 Ezio Cecchi della Cimatti perse la maglia rosa solo all’ultima tappa a causa di una foratura a causa della quale venne superato in classifica da Magni per soli 11 secondi, ancora oggi il minor distacco tra primo e secondo classificato nella storia del Giro d’Italia. Tra i corridori che hanno corso con la maglia Cimatti, Ezio Cecchi, Renzo Zanazzi, Danilo Barozzi, Pietro Giudici.

Negli anni ’50, quando i sintomi della crescita del benessere diventavano concreti e l’Italia si avviava verso il boom economico, Cimatti decide di affiancare all’officina anche una fabbrica per produrre ciclomotori e motociclette che in breve tempo si affermerà sul mercato nazionale e internazionale.
Marco Cimatti ci ha lasciati il 21 maggio 1982.

Il palcoscenico olimpico Rose Bowl di Los Angeles, 1932 cerimonia inaugurale.

La squadra italiana alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1932.
Medaglia d’oro nei 4000 inseguimento a squadre.
Cimatti al centro (sopra) il primo a destra (sotto).

Articoli dell’epoca sulle vittorie di Cimatti

I corridori Zanazzi e Barozzi in maglia Cimatti

Ezio Cecchi in maglia Cimatti, 1951.

Ezio Cecchi in maglia rosa al Giro d’Italia

1948, Campionato Italiano, Logli con la maglia Cimatti

Un particolare brevetto Cimatti del 1946.  Il pedale, presentato al Salone di Milano del 1946, aveva il vantaggio di eliminare il famoso “punto neutro”.
Illustrazione di Rebour per la rivista francese “Le Cycle” 1946.

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Fregi Cimatti

ca 1946/47 Cimatti strada Cambio Corsa n. C11206, restaurata

ca 1946/47 Cimatti strada Cambio Corsa n. C12569, conservata – Foto Giovanni Nencini

ca 1948 Cimatti strada Cambio Corsa n. C14205, conservata

ca 1949 Cimatti strada n. C14608, telaio per gruppo cambio Simplex, conservata. Foto Frameteller.

ca 1949 Cimatti strada Cambio Corsa n. C14824, restaurata

ca 1949/50 Cimatti strada Cambio Corsa n. C15318, conservata

1950 Cimatti strada Cambio Corsa n. C15737, restaurata. Foto Frameteller.

ca 1950 Cimatti C16638. Foto Moreno Bianchini

ca 1950 Cimatti C17839, cambio Campagnolo due lev, restaurata. Foto Frameteller.

ca 1950 Cimatti C16638. Foto Moreno Bianchini

ca 1950 Cimatti C16638. Foto Moreno Bianchini

ca 1950 Cimatti C16638. Foto Moreno Bianchini

ca 1950 Cimatti C16638. Foto Moreno Bianchini

ca 1950 Cimatti C16638. Foto Moreno Bianchini

ca 1951/52 Cimatti strada Cambio Corsa n. C18945, conservata

ca 1952 Cimatti strada Cambio Corsa n. C21548

ca 1952/53 Cimatti strada Cambio Corsa n. C25374


DOSI

Fonti: intervista a Walter Dosi

Meccanico e costruttore per: Fiorella / Fancucine / Magniflex / Giacobazzi

Hanno corso con bici Dosi: Marco Pantani

Ha collaborato conRauler Paletti / Martini / Chierico

Walter Dosi, classe 1954, corridore nella categoria dilettanti fino al 1975 per la Giacomazzi è stato meccanico e saldatore per diversi team tra i quali Giacobazzi, Fiorelli, Fancucine e Magniflex.

Nel 1979 apre l’officina a Imola nella quale ha costruito per un ventennio raffinatissimi telai come il Futura, realizzato da Dosi a metà anni ’80 con speciali tubi disegnati da Luciano Paletti di Modena e prodotti dalla ORIA con una particolare forma schiacciata, sono infatti questi gli anni delle prime sperimentazioni sul design delle tubazioni per irrigidire e rendere più reattivi i telai delle bici.
Gli stessi tubi furono usati anche da Luciano Paletti nel suo modello Meteor strada e pista, il quale si distingue dal Futura per la marca di forcellini e congiunzioni, Silva per Paletti, Cinelli per Dosi.

Nel biennio ’90 e ’91 Walter è stato meccanico e saldatore della Giacobazzi, nel team c’era anche il giovane Pantani, il quale corse il Giro d’Italia dilettanti del 1991 in sella ad una bici Dosi.

I primi campioni del modello Futura ebbero dei problemi crepandosi vicino alla scatola del movimento centrale, Walter intervenne quindi sul design della piegatura dei tubi migliorandone anche l’estetica. Il Futura è rimasto in produzione fino al 1993.

Frutto della collaborazione con il maestro verniciatore Mario Martini di Lugo, le livree Dosi sono tra le più belle e originali degli anni ’70 e ’80.
La grafica delle livree esce dalla tradizione del tempo con un linguaggio fatto di segni astratti e tinte sfumate, mescolando stilemi derivati dall’estetica urbana e della moda anni ’80. Visitare l’officina Dosi in quegli anni era come entrare in una galleria d’arte contemporanea.

A inizio anni ’90 Dosi ha affidato la costruzione dei suoi telai all’amico Reclus Gozzi (Rauler) di Reggio Emilia. Oggi lavora insieme al figlio, anche lui ex dilettante, nel proprio negozio-officina dove oltre alla vendita di bici e accessori offrono un servizio di consulenza e assistenza di altissimo livello, basato sulla grande esperienza di tecnica del padre e la padronanza del figlio nelle nuove tecnologie.

Walter Dosi con la sua “Futura”, foto Frameteller

Dosi Crono

Dosi Futura, verniciatura “crack” by Mario Martini. Foto Eroica Cicli

Dosi AIR, foto Frameteller

Dosi Pista


FANTINI

A Ferrara, Bruno Fantini stava alla bicicletta, come Pavarotti alla lirica, Rivera al Milan, Rita Levi Montalcini alla ricerca medica. Pochissime le tracce sulle quali ricostruire la sua carriera, le sue bellissime bici in acciaio sono comunque le migliori (e sincere) testimoni del suo talento. I pochi telai che sono riuscito a documentare mostrano, oltre ad una notevole maestria e precisione, diverse caratteristiche peculiari e innovative come l’attacco allungato per il cambio, il particolare attacco saldato al telaio per la pinza freno anteriore, l’esasperazione dell’alleggerimento dei foderi posteriori e anteriori, insieme ad altri concetti comuni ad altri telaisti coevi come la svasatura del tubo verticale o la forma ad arco del ponticello posteriore.
In certi casi Fantini è arrivato a creare delle vere e proprie opere d’arte, scolpendo l’acciaio della forcella e del carro posteriore per alleggerire il telaio. La sua officina non aveva insegna ma erano era sempre aperta agli ospiti, grandi e piccini, che volevano osservare Fantini al lavoro e nel 1984 fu realizzato all’interno dell’officina un preziosissimo filmato che riprende Fantini impegnato nell’intero processo di costruzione di una bici da corsa.
Bruno fantini è scomparso nel 2008.

“Un traguardo sicuro” di Raffaello Fontanelli ,1984. Versione digitale da film su pellicola. Bruno Fantini, noto artigiano Ferrarese, nel suo laboratorio costruisce “su misura” il telaio di una bicicletta da cicloturismo.  Tratto  da “Ferrara tra cinema e memoria” in onda su Telestense.

Fantini Superleggera, 1982, conservata. Foto Emanuele Biondi