Paletti Meteor 1986

Paletti Meteor 1985/86
Condition: Preserved
Framebuilder: Unknow
Frame design patent: Paletti, Dosi
Paintwork: Mario Martini
Frame number: 746
Frame/Fork: Oria Molibdeno Mannesmann, Paletti Patent
Group: Campagnolo Super Record
Ph. Frameteller


Paletti prototype 1980

Paletti Luciano prototype 1980
Condition: Preserved
Framebuilder: Luciano Paletti / Modena
Group: Campagnolo Record
Rims: Campagnolo Shamal
Saddle: Selle Italia
Ph. Frameteller


Note: details on this unique prototype in Paletti's bio.



Paletti PMZ '80

Paletti PMZ Lighting 1980
Condition: Preserved
Framebuilder: Luciano Paletti, Mattioli, Zanasi
Frame number: /
Frame/Fork: Columbus SL
Lugs: /
Group: Campagnolo Super Record
Saddle: Cinelli Unicanitor
Handebar/Stem: 3TTT
Rims: Mavic GP4
Ph. Frameteller

         


DOSI

Fonti: intervista a Walter Dosi

Meccanico e costruttore per: Fiorella / Fancucine / Magniflex / Giacobazzi

Hanno corso con bici Dosi: Marco Pantani

Ha collaborato conRauler Paletti / Martini / Chierico

Walter Dosi, classe 1954, corridore nella categoria dilettanti fino al 1975 per la Giacomazzi è stato meccanico e saldatore per diversi team tra i quali Giacobazzi, Fiorelli, Fancucine e Magniflex.

Nel 1979 apre l’officina a Imola nella quale ha costruito per un ventennio raffinatissimi telai come il Futura, realizzato da Dosi a metà anni ’80 con speciali tubi disegnati da Luciano Paletti di Modena e prodotti dalla ORIA con una particolare forma schiacciata, sono infatti questi gli anni delle prime sperimentazioni sul design delle tubazioni per irrigidire e rendere più reattivi i telai delle bici.
Gli stessi tubi furono usati anche da Luciano Paletti nel suo modello Meteor strada e pista, il quale si distingue dal Futura per la marca di forcellini e congiunzioni, Silva per Paletti, Cinelli per Dosi.

Nel biennio ’90 e ’91 Walter è stato meccanico e saldatore della Giacobazzi, nel team c’era anche il giovane Pantani, il quale corse il Giro d’Italia dilettanti del 1991 in sella ad una bici Dosi.

I primi campioni del modello Futura ebbero dei problemi crepandosi vicino alla scatola del movimento centrale, Walter intervenne quindi sul design della piegatura dei tubi migliorandone anche l’estetica. Il Futura è rimasto in produzione fino al 1993.

Frutto della collaborazione con il maestro verniciatore Mario Martini di Lugo, le livree Dosi sono tra le più belle e originali degli anni ’70 e ’80.
La grafica delle livree esce dalla tradizione del tempo con un linguaggio fatto di segni astratti e tinte sfumate, mescolando stilemi derivati dall’estetica urbana e della moda anni ’80. Visitare l’officina Dosi in quegli anni era come entrare in una galleria d’arte contemporanea.

A inizio anni ’90 Dosi ha affidato la costruzione dei suoi telai all’amico Reclus Gozzi (Rauler) di Reggio Emilia. Oggi lavora insieme al figlio, anche lui ex dilettante, nel proprio negozio-officina dove oltre alla vendita di bici e accessori offrono un servizio di consulenza e assistenza di altissimo livello, basato sulla grande esperienza di tecnica del padre e la padronanza del figlio nelle nuove tecnologie.

Walter Dosi con la sua “Futura”, foto Frameteller

Dosi Crono

Dosi Futura, verniciatura “crack” by Mario Martini. Foto Eroica Cicli

Dosi AIR, foto Frameteller

Dosi Pista


MARASTONI

La versione aggiornata è disponibile su Quaderni Eroici / Get the complete version on Quaderni Eroici.

Fonti: interviste a Licinio Marastoni, Classic Randezvous, Paramanubrio, Ferri vecchi, Bici classiche, Stefano Camellini, Alessandro Marconi

Ha collaborato con: Campagnolo / Cinelli / De Rosa / Moser / Rauler / Paletti / Gimondi, Coppi

Nato il 15 giugno 1922, per qualità, innovazione e creatività, fu uno dei migliori e longevi costruttori italiani di biciclette da corsa dell’epoca Eroica. Oggi tra gli appassionati di tutto il mondo il suo nome è una leggenda e dagli Stati Uniti al Giappone sono dedicati diversi fan club alla sua memoria. Buon corridore, meticoloso tealista a tal punto che la sua officina veniva chiamata dai concittadini “La Farmacia”, fu meccanico per 8 anni al giro d’Italia e lavorò per campioni come Coppi, Bartali, Magni, Baldini, Adorni, Bitossi e Moser. Le sue invenzioni hanno dato un significativo contributo all’evoluzione del design della bicicletta da competizione. La sua inesauribile creatività nasceva dal semplice ed inesauribile amore la bicicletta e, nonostante il successo e la fama del suo lavoro nell’arco di ottant’anni di carriera, fu l’unico tra i grandi maestri della sua epoca a scegliere di mantenere una dimensione artigianale. Curava ogni dettaglio con estrema precisione e la creazione di un telaio richiedeva fino a tre giorni di lavoro manuale, di fatto un approccio incompatibile con tempi e logiche commerciali della produzione industriale. Tullio Campagnolo stesso, che di innovazione ne sapeva qualcosa, ebbe una grande stima per Marastoni e usava spesso recarsi nella sua officna per scoprire le nuove idee del maestro, così come erano di casa anche altri grandi protagonisti come DeRosa, Masi, Cinelli e i fratelli Shimano. Continuò a lavorare in officina fino al 1991, all’età di 87 anni, di cui 80 di carriera. Come altri costruttori di questa generazione, ha lasciato un ricordo indelebile per genio creativo e grande umiltà, due qualità oggi molto difficili da ritrovare.

1920-1960

Licinio ereditò la passione dal padre ciclista e già da piccolissimo la bicicletta lo appassionava a tal punto da preferire smontare le biciclette dei grandi piuttosto che giocare con i coetanei. A 7 anni si esercitava nell’officina di un meccanico del paese e a 11 lasciò la scuola per lavorare come apprendista presso l’officina di Grasselli, il quale, vista la grande passione del ragazzo, non chiese nulla in cambio nonostante al tempo fosse comune pagare il periodo di apprendistato. Ad appena 17 anni scelse definitavamente la carriera di artigiano preferendola a quella più sicura di prete pianificata dai genitori, i quali impegnando la preziosa macchina da cucire, offrirono le 6.000 Lire necessarie per acquistare l’attrezzatura. Fu così che ancora minorenne anni Licinio aprì la sua officina con l’amico, appena dodicenne, Marco Mazzoni. I clienti vedendo Licinio cosi giovane gli chiedevano dove fosse il titolare e lui rispondeva che il titolare era fuori e sarebbe tornato presto, intanto si faceva lasciare la bici da riparare. A quella età Licinio non poteva firmare le bici a suo nome, fu così che nacque il marchio “Sprinter” con il disegno del Sole dell’Avvenire, simbolo che verrà poi ripreso due anni dopo nel primo fregio firmato Marastoni. Un anno dopo andò in guerra, fuggì dalla prigionia e tornò a piedi dall’Austria a Reggio Emilia, dove riprese a lavore. Nel 1946, tra rovine le rovine della seconda guerra mondiale, le ristrettezze economiche costrinsero Marastoni a cercare un nuovo socio con cui riaprire l’officina e lo trovò solo due anni dopo in Ferdinando Grasselli, proprio colui che per primo gli aveva dato fiducia. Nacque così La Cicli Grasselli – Marastoni che rimarrà attiva fino al ritiro di Grasselli nel 1960. Le bici di questo periodo sono riconoscibili per il famoso color verde Marastoni e tre strisce blu scuro delimitate da filetti bianchi sui tre tubi, la scritta “Marastoni” è in carattere corsivo di colore bianco. Nel 1967 Ercole Baldini gli commissionò le biciclette per la squadra Salamini Luxor, di cui era il direttore sportivo, tra i corridori il campione del mondo Adorni.

«Perchè venite da me quando a Bologna avete il maestro Marastoni?»

— Faliero Masi

1944 Reggio Emilia dopo i bombardamenti

1948, pubblicità Cicli Marastoni, foto Alessandro Marconi

Licinio Marastoni.

Licinio Marastoni al lavoro in officina. Foto Stefano Camellini

IL VERDE MARASTONI

Una delle caratteristiche che rendono riconoscibili i telai di Marastoni è il particolare colore verde. In realtà fu un’intuizione nata in modo completamente casuale, Negli anni ’40, all’inizio della sua carriera di costruttore, Licitino era alla ricerca di un colore che gli permettesse di distinguere a colpo d’occhio le sue biciclette dai diretti concorrenti di Reggio Emilia e delle città vicine. L’intuizione arrivò durante una passeggiata lungo il fiume dove trovò un ramarro che lo colpì per la particolare tonalità di colore verde brillante, lo mise in una scatola e lo portò direttamnte al verniciatore chiedendogli preparagli esattamente lo stesso punto di verde.

1938 bicicletta Marastoni marcata “Sprinter, una delle primissime bici di Licinio quando ancora non poteva marcarle a proprio nome.

Circa 1946, bicicletta strada Marastoni, sul tubo diagonale le prime decals Marastoni, il fregio non è ancora quello con il “sole dell’avvenire”, probabilmente un modello pre-impostato offerto dal fornitore.

1947, bicicletta da corsa Marastoni numero 38, probabilmente una delle prime con seriale e la prima versione del fregio originale Marastoni. Foto Frameteller.

1950 Marastoni strada N. 361 con forcellini per il cambio Parigi-Roubaix

1953 Marastoni strada Campagnolo Cambio Corsa

Metà anni ’50, Marastoni strada con nodo sella G. Fisher

1961-1991

Alla fine degli anni ‘60 dall’officina uscivano bici su misura per grandi campioni come Gimondi e Fausto Coppi, Licinio condivideva passione e lavoro con il suo unico figlio Marco di dieci anni. Nel ‘69 l’idea che cambiò tutto: in officina si presentò l’amico Renzo Landi, rivenditore di impianti a gas, Licinio notò su una bombola dell’ossigeno una particolare valvola realizzata in microfusione e, primo nella storia, ebbe l’idea di usare questa tecnologia per produrre congiunzioni e teste delle forcella per i suoi telai. I primi esperimenti ebbero esito più che soddisfacente ma, essendo una tecnologia industriale, per fare ulteriori test era necessario ordinarne un quantitativo di pezzi troppo elevato.
Nel 1971, su insistenza di Cino Cinelli, Marastoni decise quindi di rischiare tutti i risparmi investendo nella commissione, all’azienda “Microfusione Italiana”, di una intera serie da testare.
Oltre a Cinelli, l’esperimento attirò da subito l’attenzione anche quella di altri maestri come Masi, DeRosa e Colnago i quali a più riprese visitarono l’officina per osservare la nuova invenzione. In realtà Marastoni e Cinelli condividevano reciproca stima e scambio di idee (come la forma abbassata della testa della forcella o l’attacco “fastback” dei forcellini posteriori realizzato dalla Georg Fischer) già dalla prima metà degli anni ‘60. Fu sempre Cinelli, nel 1971, a convinvere Licinio ad accompagnarlo alla Fiera del Ciclo di milano per mostrare i prototipi in microfusione ad alcuni clienti selezionati, nell’ottica di brevettarle e produrle insieme in scala industriale. Nacque così un accordo tra Cino e Licinio con un utile per il secondo del 10% sui ricavi. La fama delle innovazioni di Marastoni si diffuse velocemente nell’ambiente e inevitabilmente i clienti aumentarono sia in italia che da paesei come Giappone, Germania e Svizzera, per avere un telaio Marastoni (solo 1,8 kg!) nonostante fosse necessaria un attesa anche dieci mesi. A quel tempo in officina oltre a Licinio e figlio, lavoravano a tempo pieno anche due artigiani per aiutare nelle accurate lavorazioni di taglio, saldatura e limatura dei telai, lavoro che richiedeva fino a 3 giorni, un tempo decisamente più lungo rispetto alla media dell’epoca.

«Non ho mai registrato brevetti, a me interessava solo costruire biciclette»

— Licinio Marastoni

Nel 1972 il figlio Marco, promettente ciclista dilettante, partì in auto verso Milano per scegliere con Cino Cinelli il capannone che avrebbe ospitato la produzione industriale delle nuove congiunzioni in microfusione. Durante il viaggio la tragedia, Marco fu coinvolto in un incidente stradale e perse la vita. Il lutto per Licinio fu evastante, lasciò il lavoro e chiuse l’officina.

Amici, colleghi e ammiratori si strinsero da subito intorno alla famiglia, sostenendola ogni giorno con una infinita dimostrazione di affetto, fino a che, a ormai un anno dall’incidente, Licinio riusci a trovare la forza di ricominciare. Da quel momento in poi Marastoni creò le sue bici specialissime, destinate esclusivamente a clienti di cui aveva totale rispetto, firmandole con decals con il nome del figlio scomparso, per il quale nel 1973 organizzò anche una speciale corsa, la  “Memorial Marastoni”, la cui ultima edizione si tenne nel 1996. Tra i sostenitori più vicini a Marastoni vi fu anche Francesco Moser con il quale poi Licinio instaurò un rapporto di grande stima e collaborazione destinato a durare per molti anni. A dieci anni di distanza dal ritorno di Licinoi  in officina, Moser gli chiese di costruire le sue biciclette da corsa. Licinio accettò l’incarico ma si dovette ritirare  appena emersero con forza le logiche commerciali della grande industria, non compatibili con il livello di qualità, cura e tempi necessari al suo metodo di lavoro. Il progetto quindi si fermò ma non l’amicizia e la collaborazione tra i due, nel 1984 Marastoni costruì a Moser la bici con la quale vinse il Giro d’Italia, il telaio era studiato sulle caratteristiche fisiche del campione e disegnato per permettergli una pedalata più arretrata in grado di esprimere tutta la sua potenza.

Licinio Marastoni ci ha lasciati nel dicembre 2015.

Marastoni strada fine anni ’50

1960, Marastoni strada N. 277

1961, Marastoni strada, foto Ignazio Sca

Primi anni ’60, Marastoni strada

Marastoni specialissima pista “Marco”, restaurata.

L'OFFERTA SHIMANO

«Nel 1966-67, vennero da me i dirigenti giapponesi della Shimano, e mi dissero che se montavo i loro prodotti me li davano con lo sconto al 50%. Chiamai Campagnolo dal quale acquistavo con il 16%, quasi come tutti, salvo Chierici che aveva il 20%. Campagnolo mi sconsigliò accettare l’offerta Shimano e tirando fuori le fatture di grossi marchi come Bianchi a cui vendevano con il 28%, lo offrirono anche a me e accettai. Poi ero io a rivendere al 18% agli altri che venivano da me invece che rivolgersi direttamente in azienda. Fu una soddisfazione».
Intervista a Licinio Marastoni, novembre 2010

Marastoni specialissima “Marco” primi anni ‘70

Marastoni specialissima “Marco” primi anni ‘70

Marastoni 1977 N. V198. Componenti FT Bologna in ergal e titanio. Deragliatore anteriore Brev. Luciano Paletti.

Marastoni fine anni ‘70

Marastoni specialissima “Marco” 1978. L’ultima bici costruita con il socio Mazzoni.

Marastoni Specialissima “Marco” anni ‘80

Marastoni Specialissima “Marco” anni ‘80

IL DESIGN DEI TELAI MARASTONI

Nell’arco della sua carriera Marastoni ha realizzato importanti innovazioni portando un fondamentale contributo all’evoluzione del design del telaio delle bici da corsa in acciaio.  Queste idee non sono mai state tradotte da Marastoni in veri e propri brevetti, in quegli anni e in particolare nell’area tra Modena e Reggio Emilia, vi erano altri costruttori impegnati sulle medesime soluzioni, tra i quali vanno ricordati Luciano Paletti e Orazio Grenzi, entrambi di Modena. È impossibile oggi poter accertare se Marastoni sia stato il primo in assoluto a realizzare le invenzioni che lui stesso si è attribuito, ci limitiamo qui ad elencare quelle confermate da più autorevoli fonti.


ANNI '40 Testa della forcella con la spalla inclinata verso il basso per irrigidire il telaio.

PRIMI ANNI '60 Serraggio cannotto sella con dado a brugola.

ANNI '60 Passacavi cavi cambio e freni, e inviti portaborraccia, saldati al telaio.

FINE ANNI '60 Perni delle pinze dei freni saldati direttamente al telaio.

FINE ANNI ‘70 Attacco per deragliatore anteriore saldato direttamente al telaio.

FINE ANNI '60 Perni delle pinze dei freni saldati direttamente al telaio.

FINE ANNI ‘70 Congiunzioni e testa forcella realizzate in microfusione.

FREGI MARASTONI

Il simbolo del Sole dell’Avvenire, molto caro a Marastoni, è presente come decal sul tubo sterzo già sulle prime “Sprinter” della fine degli anni ’30. Pochi anni dopo Marastoni inaugura decals a suo nome con un fregio in ottone senza il disegno del sole, probabilmente si trattava di un prodotto di serie già impostato e personalizzabile offerto dal fornitore. Il simbolo del sole ritorna comunque già nel fregio immediatamente successivo, insieme alla scritta Marastoni. Dalla fine degli anni ’40 viene data al fregio una forma più appuntita e originale, mentre dagli anni ‘60 presenta la “M” insieme allo stemma della città di Reggio Emilia.

NUMERAZIONE DEI TELAI

Marastoni annotava misure, colore, nome e misure del proprietario e numero di telaio di ogni sua bicicletta da lui costruita. Il numero seriale era inciso sotto alla scatola del movimento centrale, non in tutti i telai, ne sono privi infatti i telai di media gamma costruiti da terzisti. Purtroppo i suoi registri di Marastoni con tutte le informazioni sono andati dispersi dopo la sua scomparsa.

SCATOLE MOVIMENTO CENTRALE


VIRGINIA

Cicli Virgina di Orazio Grenzi / Biciclette su misura / Modena, Italia / 1962 – In attività

Fonti: intervista a Palmieri Marco, nipote di Orazio Grenzi e attuale titolare della Cicli Virginia

Invenzioni: sistema di fissaggio al tubo per il cavo del freno posteriore / bloccaggio pinze freni interno al telaio / fissaggio del deragliatore anteriore direttamente al telaio

Ha collaborato con: Paletti, Giuseppe Pelà

 

La storia di Orazio Grenzi, talentuoso e creativo costruttore artigiano di biciclette, purtroppo scomparso qualche anno fa, ce la racconta il nipote Marco che a 9 anni era già in officina con lo zio, poi corridore dilettante fino al 1985 quando ne ha rilevato l’attività.

In fuga dal 1962

Orazio Grenzi inizia da giovanissimo a lavorare presso alcune botteghe artigiane di biciclette modenesi. Nel 1962, raggiunta la necessaria esperienza, apre la sua officina, nella quale per tutta la carriera ha costruito biciclette esclusivamente su misura.

Il marchio “Virginia”, che in realtà è il nome della madre, appare sulle bici qualche anno più tardi. Come altri artigiani della zona come Luciano Paletti e Licino Marastoni, con cui ha anche collaborato, si è distinto dalla media sia per la qualità dei telai che per il livello di sperimentazione. Uno di quei costruttori che in officina erano sempre alla ricerca di una nuova soluzione per migliorare le prestazioni del telaio in acciaio.
Tra le invenzioni originali che oggi possiamo ancora ammirare sulle sue biciclette c’è il particolarissimo sistema di fissaggio al tubo orizzontale del cavo freno posteriore, realizzato con speciali asole in acciaio saldate al tubo che fermano una molla in alluminio per bloccare la guaina. Fù probabilmente il primo a saldare il deragliatore anteriore direttamente al telaio oltre a creare il bloccaggio delle pinze freno all’interno del telaio senza bullone, prototipi ripresi nello stesso periodo e in modo leggermente diverso, anche da Marastoni e successivamente presenti nei primi modelli costruiti per Luciano Paletti. La maggior parte dei telai sono costruiti con la scatola del movimento centrale realizzata da Giusppe Pelà.

Orazio Grenzi e Luciano Paletti

La vita di Grenzi si intreccia più volte con quella di un altro grande artigiano modenese, Luciano Paletti, il quale ha imparato prima da lui e poi da De Rosa i segreti del mestiere.
È sempre Grenzi a costruire telai per Paletti dal 1972 al 1975 quando, chiamato dall’imprenditore Eugenio Rampinelli (vedi Cobra&REG by Roto) a dirigere la 2T Tecnotelai di Bologna, vende l’officina di Vaciglio (Modena) proprio a Luciano che per qualche anno marcherà i telai con la doppia firma Grenzi/Paletti.
La contaminazione creativa tra i due artigiani continua anche dopo, anzi è proprio grazie al passaggio dell’attività che Paletti entra in contatto con il sig. Ognibene, l’ingegnere modenese che aveva collaborato con Grenzi nella realizzazione delle sue invenzioni e che sarà poi l’artefice della complessa ingegnerizzazione dei brevetti dei freni interni e dei cavi interni al telaio di creati da Paletti.

La 2T Tecnotelai, che è stata la prima azienda al mondo a costruire biciclette da competizione in serie, chiude qualche anno dopo per problemi economici. Grenzi torna quindi a Modena per riaprire la sua officina dove continuerà a costruire telai fino al suo ritiro nel 1987, lasciando al nipote Marco l’attività.

fregi grenzi fregi grenzi2


Fregi Grenzi/Virginia in ordine cronologico da sinistra a destra.

Paletti strada 1971 con la doppia firma Virginia/Paletti.
Congiunzioni Nervex.

Dettaglio congiunzioni primi anni 70 

 

Virginia fine anni ’60

 

VIRGINIA GRENZI SUPER SPECIALISSIMA ROAD BIKE

dsc_0212

Virginia Specialissima 1973, conservata. Foto Frameteller

virginia-super-bici-road-bike-grenzi-2

dsc_0087 dsc_0130 virginia-super-bici-road-bike-grenzi

Grenzi fù uno dei primi a trovare una soluzione per fissare la guaina direttamente al telaio, il sistema originale, ma non brevetettato, prevedeva molle ottenute per fusione che alloggiano all’interno di due asole saldate al tubo del telaio. Soluzione poi adottata anche sui telai costruiti per Paletti.

grenzi-virginia-bici-telaio-columbus-eroica6

grenzi-virginia-bici-telaio-columbus-eroica3

grenzi-virginia-bici-telaio-columbus-eroica5

Il primo (o uno dei primi) tentativo di deragliatore anteriore saldato direttamente al telaio.
Una soluzione simile fu realizzata anche da Marastoni.
Nel 1978 Luciano Paletti brevettò un sistema che permetteva la regolazione dell’altezza del deragliatore,

idea ripresa e brevettata da Tullio Campagnolo.

Evoluzione del deragliatore anteriore saldato al telaio. Da sinistra a destra: brevetto Campagnolo a fascetta,  prototipo Grenzi, brevetto Paletti, brevetto Campagnolo a saldare.

grenzi-virginia-bici-telaio-columbus-eroica

dsc_0044grenzi-virginia-bici-eroica-campagnolo2grenzi-virginia-bici-eroica-campagnolo3

grenzi-freni-campagnolo-virginia

Il sistema di bloccaggio delle pinze  freni  interno al telaio, sistema applicato da Orazio Grenzi e poi ripreso anche da Marastoni
ma già esistente fino dagli anni ’30. 

grenzi-campagnolo-reggisella-virginia grenzi-campagnolo-reggisella-virginia2

grenzi-virginia-coda-rondine-forcelliniLa sagoma particolare e immediatamente riconoscibile dei forcelllini Virginia

virginia-campagnolo-titanio-super-record

virginia-campagnolo-titanio-super-record2 virginia-campagnolo-titanio-super-record3

dsc_0073dsc_0107 dsc_0230

dsc_0097 dsc_0124  

 

Virginia Specialissima 1973, conservata. Foto Frameteller

Virginia Specialissima 1973, conservata.

 

 

Virginia strada 1969 marcata Paletti. Scatola movimento Giuseppe Pelà. / Foto RD

 

Virginia strada costruito con congiunzioni Pelà

 

Virginia pista, congiunzioni 2T Tecnotelai Bologna

 

Virginia strada 1969. Scatola movimento Giuseppe Pelà.

 

 

virginia-grenzi

virginia-grenzi2

virginia-grenzi5

Telaio Virginia Course, primi anni ’70 / Foto bg.legendary.bikes

 

Virginia strada anni ’70, telaio con testa forcella e scatola Pelà / Foto da RD

 

virginia-bike-1

orazio-grenzi3

virginia-bike-2

orazio-grenzi4

virginia-bike-4

virginia-bike-9

orazio-grenzi2 

orazio-grenzi1

Virginia Competition  primi ’80 / Foto Emanuele Biondi

 

bici intera2

cambio1 forcella1 forcella2 forcellini1 guarnitura6 mozzi2 pipa telaio11   cerchi2

Virginia Competition strada fine anni ’70 / Foto Frameteller.
La testa dei forcellini posteriori in queste anni prende una forma lunga e arrotondata
che diventa un ulteriore elemento di riconoscibilità dei telai costuiti da Grenzi.

 

 

intera5

telaio2telaio

forcella7Particolare decoro in rilievo sui foderi della forcella

tubo sterzo2Congiunzioni arabescate lavorate a mano

tubo sterzo

forcella3

focellino2

forcellini posteriori2Tipica testa dei foderi posteriori superiori nei telai di Grenzi negli anni ’80.

forcellini posteriori

scatola7

Virginia Specialissima 1985, conservata. Tubazioni Columbus SLX / Foto Frameteller
Uniche le decorazioni a rilievo sui foderi della forcella e le congiunzioni arabescate.